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QUADRERIA ROMANTICO SERIALE

Immagini, azioni e scritture dello scollamento

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IN PIEDI SUL NULLA

Conversazione con Claudio Asciuti

Vi proponiamo, seppure integralmente rimaneggiato, il testo di uno scambio che intercorse tra Claudio Asciuti e la QRS in occasione della personale Postuma Ecclesia (Circoloquadro, 17 maggio – 15 giugno 2012, Milano), la cui versione originale fu pubblicata nell’omonimo catalogo. La QRS ha poi conosciuto cambiamenti sostanziali sia al suo interno, tra sodali e infami, sia nella sua attività esecutiva, al tempo prevalentemente pittorica.

Quel documento di otto anni fa, preparato per una mostra allestita in un luogo oggi non più “deputato all’arte”, rimane tra quelli che per noi hanno mantenuto più vivo il proprio valore. Tuttavia abbiamo deciso di ricalibrare alcune nostre osservazioni in esso contenute, al fine di renderle più adeguate a quello che oggi è la QRS. Ci intrigava un innesto tra ciò che eravamo e ciò che siamo, tra la nostra morfologia passata e quella presente. Ci siamo anche chiesti se non sarebbe stato più opportuno riscrivere interamente le nostre considerazioni, invece di riformularle seguendo il filo lasciato da quella QRS del 2012. La risposta è sì, sarebbe stato forse più opportuno e di certo meno laborioso.

Eppure questo esperimento di innesto temporale ha prodotto un risultato inaspettato, con una sua tensione interna che a noi piace. Ci ha restituito una QRS ‘altra’, falsata e attendibile al tempo stesso; una QRS non riconducibile né a quello che era né a quello che è, pur unendo con esattezza entrambe le realtà. I passaggi di Asciuti sono invece rimasti invariati con la loro prima tessitura concettuale. Ne è stato espunto solo uno, in cui si faceva riferimento al precedente logo della QRS (un cigno), mentre laddove si rivolgevano specificatamente all’organico della QRS risalente al 2012 abbiamo apportato delle minime correzioni redazionali. Ottobre 2020

Cominciamo dalla denominazione… Quadreria Romantico Seriale mette assieme il concetto di quadreria (che è un vocabolo arcaico, indicante una mostra di quadri in uno spazio che non è un museo, ma neppure una galleria); romantico, che ci riporta direttamente all’idea della kultur romantica ottocentesca; mentre seriale è un aggettivo che nella sua idea di iterazione approda alla cultura tecnologica. Fino a che che punto il tuo progetto rientra sotto l’egida di queste parole?

Il nome del nostro organismo nasceva principalmente con un duplice scopo: personalizzare il meno possibile la nostra attività, affrancandola da psicologismi e suggestioni autoriali; adottare un nome-maschera che portasse in sé un’idea di stile come sintesi di opposti. Ma quel tipo di nome risponde anche all’esigenza di un distacco netto, quasi beffardo, da quella tendenza asettica, anglofila, talvolta “spiritosa” che caratterizza i nomi di molti progetti di arte contemporanea. Tuttavia il riferimento al romanticismo non riguarda l’ambito estetico, ma ha a che fare con alcuni elementi della sua eredità concettuale, che facciamo nostri: l’opposizione all’universalismo che poi diverrà globalizzazione; il rifiuto delle sovrastrutture progressiste e razionaliste che ritroveremo nell’attuale capitalismo acefalo; una visione della natura accostabile all’ecologia profonda; un’attitudine all’estremo e alla marginalità. Insomma, principi radicalmente opposti a quelli che regolano le attuali tecnocrazie liberal. Ma ci è sempre gradevole stare dalla parte sbagliata…

Una precedente personale siglata con un altro progetto si intitolava Più buio che a mezzanotte non viene; questa Postuma Ecclesia. In entrambi in casi ravviso una tendenza alla nerezza come condizione estetico-esistenziale dell’opera pittorica che trapassa, nel fondaco delle proprie memorie, dal Sole nero alla nigredo – la prima fase della tripartizione operativa alchemica. Termini che s’intrecciano con la pittura della QRS, che in molti aspetti conserva questa caratteristica di opera al nero, di rappresentazione del “nero più nero dello stesso nero” degli alchimisti dopo quaranta giorni di elaborazione; epifania della nerezza, appunto, e sua necessità. Pittura fisica, buia, a tratti squarciata da improvvise illuminazioni. La QRS vuol dire qualcosa su ciò che si oppone alla solarità, non quella conclamata dai media, ma quella dello spirito?

Solo una breve premessa. Il precedente progetto si chiamava Mass Inc. Fu ideato nel 2001 per esordire a Milano con una collettiva intitolata Politically Correct alla galleria di Luciano Inga Pin. Poi, ancora a Milano nel 2007, con la galleria Limited di Giacomo Spazio, Mass Inc. presentò la personale Più buio che a mezzanotte non viene. Il progetto rimase attivo fino al 2008, seppure con delle variazioni di organico. Tornando a oggi, il titolo Postuma Ecclesia richiama un’idea di consorteria tra postumi, tra nati orfani del proprio tempo. Giustamente parli di nerezza. Sovente il nero identifica un omissis, un rimosso culturale, qualcosa di impresentabile; al tempo stesso ha una sua funzione rituale e celebrativa. Per ciò che concerne l’attività strettamente pittorica, nella QRS ha prevalso l’idea di dipingere per “negazione”, usando essenzialmente un colore che è “assenza di colore”, ossia il nero. Le luci delle immagini sono ottenute per rimozione: viene tolto uno strato pittorico per lasciare trasparire il fondo preparato con pigmenti metallici. La solarità in cui crediamo è forza trasformatrice, congiunzione di opposti. Ciò che illumina noi della QRS è il negativo delle ambizioni mondane; è la controparte di ogni quotidianità radiosa e di ogni spirito collettivo esibito dai suoi consumatori, con i loro “diritti” alla figliolanza, alla prosperità e ovviamente alla “cultura”. Ecco, per tutto ciò invochiamo un gran sole atrofizzante.

due femmine vista occultata accende lumen sensibus

C’è un lavoro che io reputo altamente significativo, che segna un inganno e cela una verità nascosta. L’occhio dell’osservatore non può fare a meno di rilevare, nell’immagine disarmata di questa figura femminile che sosta in un viottolo boschivo, una stretta analogia con il fiabesco. Sul sentiero della volpe fa ricordare la funzione del bosco in cui smarrirsi. E questo è l’inganno. Le volpi del dio nipponico Inari si manifestano in sembianze umane, spesso proprio nell’aspetto di giovani donne. La volpe diventa soror mystica, sentinella di una via smarrita.

A distanza ormai di parecchio tempo l’immagine che hai citato sfugge ancora alle nostre interpretazioni. Fu anche stranamente laboriosa. Occhi più distaccati la sanno interpretare immancabilmente meglio, tu ne sei la conferma… Quella “volpe” ha agito e agisce nella QRS proprio come una kitsune giapponese. Boschi e sentieri sono luoghi di iniziazione, consapevolezza, affermazione e rivolta. Ci si smarrisce, si cambia pelle, poi ci si ritrova. Le trasformazioni più profonde hanno sempre questa natura metafisica e al tempo stesso “boschiva”. Nelle cosiddette società civili si tenta di estirpare o svilire tutto ciò, mentre le “rinascite” assumono un carattere meramente economicistico e materiale.

femmina con volto mascherato da volpe

Il conflitto “padre di ogni cosa” è alla base della nostra civiltà dai tempi di Eraclito o da quelli del Bhagavad Gita. Non è rara la presenza di uniformi nei lavori della QRS. La serie Nel segno di nostra luce raccoglie queste ispirazioni. Soldati di ogni età e fede si incontrano sulla tela, trasformati e trasfigurati, a volte quasi cancellati nel loro sembiante, come segni che rimandano a una forma assoluta che si autodefinisce e si appaga in sé, un’estetica autonoma che vive per sé stessa.

Le uniformi nascono per una mansione. La loro estetica per così dire “oggettiva” troviamo che sia attraente. Devono essere funzionali, ma al tempo stesso avere un decoro. Un’uniforme esprime anche uno stile impersonale, fedeltà e appartenenza: non è comune trovare qualcosa di così distante dai personalismi borghesi. Anche le rivolte, se radicali, hanno le caratteristiche di un’uniforme. Non esiste una sola azione incisiva che non abbia anche un carattere intimamente marziale. Andare contro un ordine realizzato, estetico o culturale che sia, così come difenderlo o affermarlo, richiede quanto meno una disposizione al sacrificio e alla bellicosità. L’uniforme esprime una disciplina, per questo possiede una sua spiccata sensualità. La stessa disciplina è forma, ossia organizzazione delle proprie forze, controllo dei propri impulsi. Come QRS ci preme soprattutto demarcare una tabula rasa ideologica; difendere e affermare una zona franca dove etica ed estetica siano in osmosi, al di là di ogni giudizio. Così come ci preme attenerci a una nostra disciplina, indossare idealmente una nostra divisa.

quattro maschietti collegiali in divisa

I meccanismi della creatività risultano ignoti e ogni concezione estetica che ad essi abbia fatto riferimento non si è spinta oltre una ricognizione immediata. In relazione a ciò che vedo nelle opere della QRS transiterei da Nietzsche verso Jung. Una spinta alla creazione che individua i caratteri umani e li plasma, un’energia che illustra forme archetipiche ed eterne manifestantesi nel quotidiano, lo spirito dionisiaco che attraversa la materia e rifluisce verso i centri dell’essere.

La realizzazione artistica non dovrebbe tanto concentrarsi sulle opere in sé, quanto affermare un’estetica esistenziale. L’arte dovrebbe realizzarsi nel vissuto, nelle azioni che sovrastano ogni chiacchiericcio sull’arte. L’autorialità stessa è un concetto debole e snervato. Un’opera se non è portatrice di un ordine di idee che si pone oltre il suo esecutore, rimarrà sempre bigiotteria culturale: e tutti i pezzi della QRS è possibile che lo siano. Tutto, anche la politica, dovrebbe rispondere a un’estetica, a un sentire la vita oltre la sua materialità per divenire forma.

aquila di pietra con corona di spine

Quel che è il segno della poetica è la tecnica. L’artista insomma è uno spazio in cui le cose si incontrano, oppure è una sorta di gazza ladra che si aggira raccogliendo spunti che poi unifica e mette assieme?

Nel contesto attuale l’artista ha lo stesso ruolo di un ricettatore. S’impossessa del materiale proveniente da altri “delitti”, magari cancellandone tracce e impronte per ricavarne un proprio bottino poetico. Ma a parte questa considerazione, che non vuole certo essere moralistica, si tratta di incarnare uno stile, non di realizzare una poetica attraverso surrogati chiamati “opere d’arte”. L’arte dovrebbe trasmutarsi in destino, in stile capace di essere nella totalità delle azioni e di dare forma a una visione del mondo. La sfida ultima è anche metafisica e si pone sul limite più estremo. Per ciò che riguarda l’artista comunemente inteso, ne desideriamo l’estinzione; così come desideriamo l’estinzione della cultura che lo ha generato.

ragazza con colature dai capezzoli

L’idea che lo Stile sia il riflesso di un ordine metafisico rende in modo particolare l’idea del fare arte, del fare della propria vita un’opera d’arte. Cosa che in misura diversa fece anche un Mishima. Ma che videro anche i situazionisti, in un’altra ottica. Ora il lavoro della QRS non è estetismo, in senso borghese, ma è piuttosto estetica intesa nel suo significato originale di “sentire attraverso i sensi”. Non mi viene difficile dire che il corpo spesso è quello che produce nelle sue variazioni l’immaginario, quello che produce idee. Pittura corporea oppure sul nascondimento del corpo, sul suo disvelarsi: allora il corpo è fine oppure strumento?

Il corpo è un confine, un limite, un territorio mitico dove ci si gioca tutto, ma non si esaurisce nulla. Anche l’opera è in sé un corpo. Quando come QRS parliamo di estetica, la tua puntualizzazione è essenziale, non ci riferiamo certo al suo significato tradizionalmente borghese e illuministico. Per noi il brutto è non-forma, indistinzione. Ossia porta con sé proprio quegli elementi che caratterizzano le società pervase dal mito della “ragione”. La QRS si riferisce a ciò che testimonia cura, forza, definizione, coraggio fisico. Qualità che possono dare esiti luminosi, oppure oscuri, tragici, anche truci, ma distanti dal bon ton democratico, entro il quale non vi è possibilità di bellezza. Siamo per la nitidezza delle differenze, per gli stili che solcano confini.

maschio con roncola e furgone con femmina e cella frigorifera

La QRS coniuga il futuribile con la modernità, ma senza essere moderna, restando inattuale, per così dire. Compie indagini in terreni non indagabili se non con la capacità di una sospensione del giudizio e una presa di coscienza: sui corpi, sugli oggetti, sugli squarci di paesaggi. Come se rappresentasse ciò che non è, che potrebbe essere e che non è stato, insieme a infinite variazioni ucroniche.

La scelta di essere “inattuali” significa vivere in questa epoca senza aderire alle sue leggi massificatrici. Il passato non è un rifugio, è semmai un avamposto. Del presente attuale, anzi “attualizzato”, e portato a sistema codificante, utilizziamo i suoi stessi strumenti per affermare proprio ciò che la sua ideologia condanna o vorrebbe rimuovere. Spesso le figure messe in scena nelle nostre visioni portano una maschera impersonale, o sono sfigurate e al di là di ogni individuazione. Ci piace pensare all’impersonalità del teatro nipponico… Siamo estranei a qualsiasi estetica del quotidiano, dove “bello” e “brutto” si annullano a vicenda lasciando il potere all’informe. Nel nostro lavoro, come nella QRS, ogni storicismo si estingue: siamo e rappresentiamo soggetti dislocati, in piedi sul nulla.

individuo vagante in mimetica tra case e macerie

Viene spontaneo domandarsi se davvero l’opera d’arte dipende dal modo di produzione della società in cui opera l’artista o meno, dal momento che, come hai sottolineato tu in precedenza, è un “ricettatore”. In altri termini, l’organismo QRS lo si potrebbe pensare figlio (ribelle) di una società in cui il modo di produzione è ancora seriale, ripetitivo, capitalistico; ma nel contempo la sua genetica è quella dell’artigianalità, intesa nel senso della bottega dell’arte e non della Factory wharoliana; e infine affonda le sue radici in una temperie esoterica, in uno strato di immagini archetipiche a-storiche, quasi forme eterne…

Senza alcun dubbio ciò che in arte oggi incide più di ogni altra cosa sono i modi di circolazione dell’opera. L’artista, come le sue opere, non è altro che un materiale. Egli stesso si offre per essere gestito da altri. Divertente è vederlo poi con le sue pretese d’autore e, se con velleità politiche, è addirittura spassoso con il suo ribellismo per un “mondo migliore”. Noi affermiamo che di questo mondo, per come si pone e si impone, anche attraverso i suoi modelli ritenuti positivi, bisognerebbe solo accelerarne la fine. Anche per tali ragioni sosteniamo che per arte si dovrebbe intendere soprattutto una pratica, una milizia (anche interiore) che ha come scopo la realizzazione di uno stile totale. Questo è il punto nevralgico. L’attualità non è altro che una decomposizione su larga scala che produce “novità”, “originalità”, “autorialità” e via discorrendo. Semmai bisogna essere “originari” attraverso ciò che è già stato realizzato; riciclare, plasmare e manipolare il già fatto dandogli una diversa direzione di senso. Un’opera d’arte davvero originale sarebbe l’estinzione del concetto di arte. Tornando a noi, i nostri pezzi manipolati, le nostre opere dirottate ci interessano come testimonianze, come frammenti di un ordine di idee che abbiamo fatto nostro, non come fine. Conta procedere oltre.

Essere “postumi”, o “inattuali”, o meglio ancora “originari” ha qualcosa di sinistro, agli occhi della modernità, come se tutto ciò che è stato fosse irrimediabilmente compromesso dall’oggi. Non a caso proliferano il dilettantismo e il pressapochismo anche nell’arte e nella letteratura. I “pentimenti” dei grandi pittori rinascimentali scompaiono nei tagli di Fontana e infine arrivano i graffiti sui muri. Che ne pensate?

È nel Medioevo che ritroviamo quei riferimenti etici e operativi a nostro parere ancora capaci di incidere. Essere ostili a ciò che questa modernità attribuisce significato è solo un merito. In un tempo di chiacchiericci e professionalità insignificanti, ovviamente anche i linguaggi artistici sono stati infettati dalla sua ideologia. Creare nuovi stati emotivi opposti alla miseria dei buoni sentimenti è l’autentica opera poetica. Quello che si fa chiamare civiltà è solo narcosi, come tutto ciò che fa cultura e ha sempre fatto democrazia. Cavalcare il capro. Lo affermiamo da nichilisti con il senso del sacro.

maschio con balaclava e capro

Il vostro lavoro tocca il contemporaneo, o almeno alcune sue forme: penso a quelle figure che nel loro abito da “esecutivi” sfoggiano loghi che segnalano l’appartenenza anziché a una comunità o a un sodalizio, a una moderna multinazionale. L’uso di queste immagini può in qualche modo essere “contaminante” rispetto al percorso della QRS?

Abbiamo sempre fatto i conti con il contemporaneo. Se molti dei nostri modelli spirituali e formali sono estranei, quando non avversi, ai canoni della contemporaneità, non ne facciamo certo un riferimento limitante: diciamo che sono una bussola per orientarci, non per vincolarci. Strumenti, linguaggi e forme molto efficaci sono anche qui ed ora, e vanno maneggiati con determinazione, senza alcun timore di esserne “contaminati”. Si tratta solo di non fare propri i modelli da cui scaturiscono o che essi indicano. Nel caso specifico della QRS l’uso di simboli aziendali, con altri di carattere esoterico, mistico e religioso, è un dirottamento, una manomissione di codici per soddisfare il nostro piacere di nullificazione. Provocare macerie di significati con cui creare forme è la nostra ambizione. Rispetto poi a quei grandi organismi di consumo estetico e sociale che sono oggi le società “in avanzato stato di produzione”, e con esse tutto ciò che fa “cultura”, la QRS si presenta fisiologicamente come un corpo estraneo ed ostile.

fantoccio con pass nyse e carcassa umana imbragata

Un tema che incuriosisce tutti gli amanti dell’arte è la sua genesi. Nel caso specifico della QRS, potreste spiegare come ne sviluppate il lavoro? Si è parlato prima della rimozione degli strati superficiali della pellicola che fanno affiorare il colore “interno”, atto che mi fa pensare ad alcune considerazioni di Ernst Jünger sulla “trasparente visione”, sulla bellezza affiorante dal “taglio” con cui si incide ad esempio la pietra e che libera i disegni.

Partiamo da immagini tratte dal flusso mediatico, “visioni seriali” spesso prive di identità o attribuzione. La rimozione degli strati superficiali delle nostre imagine, è una pratica cominciata anni fa direttamente su delle vere e proprie foto asportandone l’emulsione, in particolare quella corrispondente ai carnati. Il processo “romantico seriale” prende sempre inizio da immagini generate dalla tecnologia evitando qualsiasi “sentimentalismo” pittorico che parta da immagini interiori. Facciamo uso di archivi storici, banche immagini, riviste, frammenti di altre opere, loghi aziendali e simbologie ancestrali. Un caos simbolico e visivo che organizziamo per intagliare le nostre forme e ristabilire un nostro centro prospettico. La progressiva riduzione cromatica dei dipinti, al limite della monocromia, nasce dall’esigenza di concentrarci ulteriormente su ciò che rappresentiamo. La QRS mira alla realizzazione di quadri-scrittura.

Quadreria Romantico Seriale è un organismo di demarcazioni, immagini e scritture | materiali e contenuti qui pubblicati sono stati generati dalla QRS, salvo quando diversamente indicato | sito realizzato e amministrato dalla QRS | hosting: Tunda IT s.r.l. | tutti i diritti conquistati | 2025

in memoria di Lillo

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